martedì 8 gennaio 2013

fabio galli recensenda

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recensisco quello che mi va,
quando mi va, se mi va







E giorno si ostina 
di Elio Grasso 
puntoacapo Editrice, Novi Ligure, 2012


Essere e tempo, collocare la Lingua nell’esistenza dell’individuo. Questa credo sia l’idea e il progetto che viene ad autenticarsi sulla pagina di questo volumetto preziosissimo.  Un discorso tale da essere una deriva dalla realtà: un porsi altrove.
   Ma anche l’Essere ha una sua storia, qui. Sceglie sì il progetto dell’oggettività dello sguardo e della narrazione in maniera, dunque, non neutrale, non metafisica, non ontologica e assolutamente non filosofica.
   Il progetto della scrittura in Elio Grasso, è, per mia concezione, inautenticamente un’appartenenza a un’epoca. Ora, mi spiego, è la verità – esistenziale, certo – descrittiva e obiettiva del proprio fantasma che del resto è una apparizione del proprio progetto: esso rimane implicito e non si dubita che sia come un appello alla libertà dalla consapevolissima propria storicità.
   Noi siamo nella Storia e siamo la Storia, siamo una discorsività dotata di una direzione e di una vissuta continuità. Così in tutta la sezione “la realtà cresce”. Ma proprio la sistematicità di questa crescita diventa come indominabile, l’immenso coagulo dei concetti: oblio dell’Essere a favore del prevalere della Visione:
   La totalità degli oggetti nominati, poi, come “calze” e “coltelli”, detengono, nella sezione che da il titolo alla raccolta, una impossibilità alla vanificazione dell’atto carnale “futuro sapendo il misfatto carnale” stesso.
   Per la nostra epoca moderna è, come dire, una impresa rigorosamente sperimentale, organizzata e suddivisa  in domini, ben cinque!, che vanno dal sangue alla realtà, passando dalla donna e finendo alla poesia che al giorno si ostina. Queste le cinque fasi primarie e le scadenze del prezioso volumetto: la Storia, dunque è la storia del suo accadere, qui. Non vedo altra spiegazione, per ora. Collocarsi nella Storia scegliendo le proprie nominazioni, una vera e propria reinterpretazione della provenienza che ci costituisce.
   Ogni giorno, ostinatamente, siamo fatti della nostra storia.







Videogaymes 
Omosessualità nei videogiochi 
tra rappresentazione e simulazione 
(1975–2009) 
di Luca De Santis
prefazione di Matteo Bittanti, 
Unicopli 2012

De Santis ha fondato la prima comunità italiana di videogiocatori lgbt Geekqueer.com. 


Kratos è il mio uomo segreto. Già da qualche anno, un impenitente cattivo e maledetto: è il protagonista di God of War… e via, e via,  basta l’ho scritto e non potevo tenerlo solo per me.
  Videogaymes è il primo saggio che si propone di fare non solo un censimento dei personaggi lgbt, ma di aprire un dibattito vero e proprio sull’evoluzione di determinate figure e ruoli esaminando le rappresentazioni della cultura omosessuale, bisessuale e transessuale nei videogames.
  Un’evoluzione che trova spiegazione anche nelle dinamiche stesse del gioco tra picchiaduro, avventure e sparatutto, invitando il lettore a guardare il divertimento elettronico, senza pregiudizi e ipocrisie.
  È come se lo schermo del computer rappresentasse uno specchio riflettente e deformante della società contemporanea, il gioco di ruolo si trasforma nel gioco dei ruoli e delle identità sessuali.
  Un’impersonificazione quasi totale e al giocatore deve essere data la libertà di rappresentarsi. E anche quando la linea “romantica” sembra marginale rispetto agli sviluppi della trama, questa ha un impatto assai più grande nella capacità del giocatore di sentire quel personaggio come suo.
  La presenza o assenza di elementi queer nei videogiochi pare abbia seguito, e talvolta anticipato, profonde trasformazioni sociali a partire dal videogame a sfondo erotico super razzista Mad Party Fucker (1985),  il cui fine era “scopare con più donne possibili senza farsi sodomizzare dai froci e contrarre l’AIDS“, trattando così il tema dell’omosessualità, riciclando stereotipi ben consolidati nell’immaginario degli Anni ’80: cioè che il frocio fosse l’untore.
  Giochi recenti o best seller (The Sims, Fallout, Mass Effect o Elder Scroll) permettono di costruire un protagonista dichiaratamente omosessuale e di intrattenere relazioni con personaggi dello stesso sesso.

Nei videogiochi il pregiudizio sociale nei confronti degli omosessuali emerge, soprattutto tra gli Anni ’80 e ’90, ma solo alla fine degli Anni ’90 i videogame arrivano ad anticipare la realtà e a permettere i matrimoni omosessuali prima ancora che questi siano legali in molti paesi, come nel caso di The Sims 3.

Insomma, gente, mai dare per scontato che l’eterosessualità sia la normalità nei videogame. Vestiti o fattezze che richiamano la cultura omosessuale non vengono colti soltanto perché manca l’abitudine a leggere questo tipo di messaggio ma la sensazione che un gay le possa percepire è chiarissima.
  Quindi buona lettura, gente, buon lettura, e cercatevi anche voi il vostro uomo.






AIDS 
lo scandalo del vaccino italiano
di Vittorio Agnoletto
con Carlo Gnetti
Feltrinelli 2012



Da qualunque punto di vista la si guardi, l’intera questione mi sembra banale dal momento che non credevo allora, come non credo ora, che esista un grammo di logica (né di dati) che indichi nella Tat un possibile efficace vaccino. Robert Gallo (dalla Prefazione)

La cosiddetta “scoperta” italiana del secolo: il vaccino contro l’Aids.

Il 24 ottobre 1998 i principali quotidiani italiani riprendono con enfasi l’annuncio fatto il giorno prima dalla ricercatrice dell’Istituto superiore di sanità Barbara Ensoli durante il Simposio internazionale su AIDS e cancro.

Da allora decine di milioni di euro sono stati stanziati dallo Stato italiano per sostenere il progetto di un vaccino contro l’Aids – basato sulle proprietà della proteina Tat – illudendo milioni di persone che la cosiddetta “peste di fine millennio” stesse per essere definitivamente sconfitta.

Dopo quindici anni nessun vaccino italiano contro l’AIDS è apparso all’orizzonte, mentre la sperimentazione prosegue anche in Sudafrica, nonostante le numerose critiche provenienti dal mondo scientifico internazionale.

Da questa rigorosa inchiesta condotta tra medici, scienziati e politici emerge una realtà segnata da paure, interessi economici, protezioni politiche, intrecci familiari e affari internazionali.

Quattordici anni e molti altri annunci dopo, esce un libro, “AIDS – Lo scandalo del vaccino italiano” (Feltrinelli) che getta pesanti ombre sulla fondatezza scientifica dei risultati ottenuti dalla Ensoli e lamenta uno sconsiderato esborso di denaro pubblico per sostenerne la ricercaL’ha scritto Vittorio Agnoletto, medico, fondatore e a lungo presidente della Lila (Lega italiana per la lotta contro l’AIDS) con la collaborazione del giornalista Carlo Gnetti. 

Che non si tratti di una disputa fra scienziati in punta di fioretto lo si capisce fin dalla prefazione.

E comunque, fin dal 2000 si va precisando che i vaccini Tat (quello italiano non è il solo, ce n’è un altro, americano) non sono veri vaccini. Lo afferma, per esempio, Ferdinando Aiuti, maestro della Ensoli e, all’epoca, uno dei massimi esperti in materia: “Sia il vaccino della Ensoli, sia quello di Letvin non danno una protezione per la malattia ma potranno essere utili per i sieropositivi”.

Seguono lettere di protesta all’Iss e al ministro della Salute (all’epoca Francesco Storace), repliche, controrepliche e una denuncia della Ensoli contro Aiuti, che si risolve molti anni più tardi a favore di Aiuti.
Obiezioni sul modo in cui sono state condotte le sperimentazioni anche dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che riscontra “sette deviazioni critiche e tre deviazioni maggiori” nel percorso di sperimentazione.

La sperimentazione, comunque, va avanti, anche se al rallentatore: è solo nel luglio 2008 che l’Iss, annuncia l’avvio della seconda fase del “programma di sperimentazione del vaccino basato sulla proteina Tat” ma dalla lettura dei documenti ufficiali, però, emerge un diverso obiettivo della ricerca: non più un vaccino che immunizzi dal virus ma un vaccino terapeutico, destinato a potenziare le difese delle persone sieropositive contro le infezioni già contratte.

“Tutto ciò” scrive Agnoletto “autorizza a pensare che il vaccino Tat preventivo inizialmente sperimentato sia fallito, e questo confermerebbe quanto aveva già sostenuto Robert Gallo”.

Il resto di questa storia sta nel libro, che siate sieropositivi o no, è interessante. Davvero. Io non racconto altro.